Balades nocturne à la quête du noir urbain
Questo progetto si inserisce in una ricerca artistica che indaga le dinamiche sensibili e politiche dello spazio pubblico notturno, e più specificamente la nozione di buio non percepito come spazio vuoto, ma come spazio potenziale.


Durante le prime settimane della residenza Design des Territoires al parco de La Villette, gli scambi con alcuni membri del team della direzione hanno messo in luce un orientamento forte del sito: trasformare progressivamente il Parco in un rifugio urbano per la flora e la fauna. È a partire da questa prospettiva che si è delineato un primo asse di ricerca, incentrato sullo studio del sistema di illuminazione pubblica e dei suoi effetti sui ritmi di vita dei non umani.
Ho iniziato quindi una serie di esplorazioni notturne individuali, tra ottobre e febbraio, in orari diversi, generalmente tra le 23:00 e le 2:00 del mattino. Il Parc de la Villette costituisce un contesto sperimentale unico a Parigi, essendo uno dei rari spazi verdi aperti tutta la notte.
Progressivamente, l’attenzione si è spostata dalla sola questione dell’illuminazione verso una dimensione più concettuale e sensoriale: quella del buio come fenomeno spaziale. Se nella prima fase della residenza mi sono concentrato sui benefici dell’oscurità per i non umani, in seguito la ricerca ha preso una nuova direzione, indagando i benefici che gli esseri umani potrebbero trarre dall’esperienza del buio nello spazio pubblico.
Quest’ultimo descriveva il parco delle Buttes-Chaumont (parco non lontano dalla Villette) come il luogo in cui “si è annidato l’inconscio della città”, cosi alimentando la percezione che autosperiementavo nelle miei esplorazioni individuali, del buio come spazio potenziale, attraversato da immaginari e inconsci collettivi.
È stato quindi messo a punto un protocollo di esplorazione individuali: dieci immersioni notturne hanno permesso di mappare le zone più buie del parco, percepite come favorevoli a un’alterazione del rapporto abituale con il paesaggio urbano. Questa fase di dérive è stata accompagnata da letture teoriche e letterarie, tra cui Walkscapes di Francesco Careri (Stalker) e Le Paysan de Paris di Louis Aragon.




Tuttavia, a fermare le mie esplorazioni individuali, era la paura della paura che si innescava in me, per estendere questa riflessione a una dimensione collettiva, è stata organizzata una passeggiata notturna di gruppo. Ogni partecipante disponeva di un taccuino rigido — il Carnet des gribouillis — concepito come strumento di osservazione sensoriale e introspettiva. È stato proposto un esercizio di eyes sketching, per conservare una traccia delle proiezioni mentali suscitate dall’attraversamento dell’oscurità.
I materiali emersi da questa esperienza hanno alimentato un’installazione presentata in occasione della restituzione finale presso i Jardins Passagers, pensata come un dispositivo interattivo di raccolta di immaginari notturni.
Attraverso la passeggiata notturna collettiva, pensata come una pratica di osservazione e di relazione con la notte urbana, si è potuto fare esperienza del buio come spazio potenziale, in una prospettiva allo stesso tempo intima, politica ed ecologica.
Come suggeriva Aragon, quando l’inconscio della città si annida nei suoi spazi notturni: una traversata collettiva del buio può avvicinarci alla sua consistenza — non per dissiparla, ma per farne esperienza, come di uno dei doni che l’oscurità può offrire all’essere umano nello spazio pubblico.


Alcuni incontri fortuiti all’interno del parco, come quello con un giovane intravisto nell’oscurità, mi hanno permesso di frequentare i meccanismi di proiezione mentale innescati dall’esperienza del buio: non è tanto la presenza dell’altro a inquietare, quanto la rappresentazione che costruiamo nell’ombra.
L’ingresso in uno spazio buio, dello spazio pubblico, attiva una forma di tensione: scatena un processo di proiezione in cui le forme indistinte diventano supporto di immaginari, a volte ansiogeni, a volte poetici. Il buio non appare allora come un vuoto, ma come uno spazio potenziale, carico di affetti, interrogativi e narrazioni.




Photos by David Aubriat